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10 ANNI DOPO - MUSIC CLUB di Francesco Battisti

Marco Sanchioni è un cantautore di notevole esperienza, che ha già pubblicato un primo cd come solista nel 2002 intitolato “Mite”e fatto collaborazioni con altre band. Con “10 anni dopo” (il cui titolo segna il tempo intercorso dalla pubblicazione del suodisco d’esordio preceduto da una manciata di demo), Marco ha scritto una pagina importante della sua carriera artistica, evitando di ricalcare clichè consumati. Vi riescono le voci forti della poesia e del cantautorato che aprono il proprio cuore agli altri e che trasfigurano la realtà percepita. Le canzoni di Sanchioni lo fanno a volte con una certa malinconia che avvolge di echi e di nebbie la visione e l’ascolto,accrescendo di attese e di domande le difficili giornate del mondo, altre volte svelando in modo ironico le diseguaglianze e le ipocrisie. Così escono da i testi i colori, gli odori, gli umori e i rumori, le voci che si chiamano al di fuori del proprio sé e gli assalti del dolore. Il tutto avviene nella piena maturazione di un sound, in cui gli strascichi del grunge ed il pop convivono in una forma finemente cesellata. Rock senza fronzoli, portato avanti con un eclettismo e una dedizione ammirevoli. Quando parte il nuovo album di Marco la prima cosa che viene in mente è che l’autore è nato per fare questo, tanta è la semplicità e la dimestichezza con cui inanella accordi che formano strofe e ritornelli e poi ancora strofe e ritornelli. Rispetto alle sue precedenti opere come solista, “10 anni dopo” è un disco eccezionalmente solido e posato, denso di momenti introspettivi, sempre comunque accompagnati da una grinta potente nelle esecuzioni. La brillante apertura de “L’ultimo happyHour” non è un caso, anzi tutto l’album è un susseguirsi di rock perfettamente calibrato, che si insinua sotto pelle e conquista subito. Marco Sanchioni, una vita passata dietro al microfono con la chitarra in mano, prima con gli A Number Two, poi come solista, dà fondo alle sue storie in un disco fortemente chitarristico, caratterizzato a tratti dall’uso di originali arrangiamenti che è lo stesso autore a dirigere. Stato di salute del rock? 8 in un disco così, che non si risparmia nelle aperture al nuovo e convoglia tutto in un suono che al suo centro ha soltanto grande energia. Straconsigliato. www.marcosanchioni.it

DOLCEMENTE GRIDANDO SUL MONDO - Sound36.com

Probabilmente quando questo articolo verrà pubblicato la tempesta sarà perfetta. Il carrozzone festivaliero avrà già invaso televisioni e radio, i talent show saranno nel vivo della loro spasmodica ricerca fenomeni e qualche retrospettiva ci farà credere che dopo di lui il nulla. C’è poco da fare il mondo della musica italiana è specchio fedele di una nazione che vive su paradossi che, purtroppo, sembrano interminabili. Da un lato si cerca di imporre un nuovocostruito a tavolino e dall’altro si esalta l’anacronistico soffocando ciò che di bello, innovativo si sviluppa. Definitemi complottista ma sono sempre più convinto che l’obiettivo sia quello di consolidare gerarchie e, contemporaneamente, guidare le coscienze.
Per fortuna la libertà di pensiero e quel consequenziale vago senso di frustrazione che ne deriva, qualche volta, si traducono in buon sano rock! Dolcemente gridando sul mondo terzo album di Marco Sanchioni ne è un chiaro e limpido esempio. Album che sa conciliare una scrittura colta e abrasiva, che richiama in alcuni casi il Guccini più impegnato, con la potenza comunicativa del Rock.
Le undici tracce sono un’intima e amara visione della società a cui si contrappone la titanica resistenza di chi sa andare oltre l’apparenza delle cose. Forse Gli intellettuali non salveranno il mondo, forse siamo destinati a una Resistenza passiva e a sopravvivere vivendo ma queste undici zampate nel culo aiutano a sentirsi meno soli e, ce lo auguriamo, a far riflettere.
Da non perdere!!!

Fortunato Mannino

10 ANNI DOPO - DISTORSIONI.NET di Carlo Bordone

Prima – molto prima: almeno altri dieci anni – c’era stata l’avventura con gli A Number Two, autori di un misconosciuto ma bellissimo mini-lp di jangle rock, It Rains Again On The Rising Sun, figlio delle migliori suggestioni indie a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. Un po’ di quelle atmosfere si ritrovano anche in queste tredici nuove canzoni - in realtà scritte in un arco di tempo molto lungo, tra il 2002 e il 2009 -, nonostante oggi Sanchioni canti in italiano e i sogni giovanili abbiano lasciato il posto alla maturità espressiva (e forse ogni tanto anche all’amarezza e alle disillusioni) dell’età adulta. Del resto, se hai imparato a scrivere con nel cuore i R.E.M. e gli  Hüsker Dü non è che a un certo punto te ne dimentichi.

Ogni tanto quel mondo antico salta fuori, in un attacco di canzone alla Losing My Religion(l’inizio della intensa Dani sulla luna) oppure in certe sfuriate elettriche e allo stesso tempo irresistibilmente melodiche che fanno pensare a un Bob Mould  nato a Fano invece che a Minneapolis (la rabbiosa Potrei vergognarmi). Ma oggi per il musicista marchigiano è altrettanto importante la dimensione cantautorale, e il peso che hanno le parole lo dimostra. La finezza lessicale e la ricerca dell’immagine poetica (Anima-le, Quasi Amore) non hanno nulla di sovrabbondante o di didascalico, abbandonandosi qui e là a una nostalgia generazionale (Il mio mangiadischi) che ha il pregio di suonare sincera. La capacità di piegare la letterarietà innata dell’italiano alla sintesi e all’essenzialità del rock, del resto, avvicinano Sanchioni al miglior Paolo Benvegnù così come, su un altro versante, a Giorgio Canali (specialmente quando sfodera un appuntito sarcasmo socio-politico in pezzi come Comunista con la pancia piena o L’ultimo happy hour). Il meglio, però, arriva proprio in chiusura, con la malinconica, sospesa La canzone dell’uomo bambino, piccolo gioiello melodico beatles-battistiano che fa davvero ben sperare per le future evoluzioni. Augurandoci, naturalmente, che non passino altri dieci anni.

Carlo Bordone

DOLCEMENTE GRIDANDO SUL MONDO - Ventonuovo.eu

La mia voglia di scrivere nasce dall’urgenza e la necessità di mettere nero su bianco le inquietudini, la rabbia, così come la bellezza e la gioia di esserci. E’ forse per questo motivo che considero le canzoni come una terapia, uno scavare dentro, un po’ come ripulire l’interno di una cisterna con tutte le sue incrostazioni, decantare mostri e fantasmi interiori per poi rivederli impressi nelle parole.
Parole, quelle di alcune canzoni di questo nuovo album, che ho scoperto solo più tardi molto cruenti, forti e penetranti, al punto da farmi quasi paura da solo, riascoltate in momenti diversi rispetto quei giorni in cui le
avevo scritte”.
Titoli significativi come “Sopravvivere vivendo” e “Gli intellettuali non salveranno il mondo” dalla forte spinta Rock mettono in evidenza il valore di questo artista nato a Fano (Pu) nel 1969 con alle spalle anche una militanza in gioventù negli A number two, band con cui pubblicherà due demo e persino un mini album per l’etichetta romana High Rise.
In seguito farà parte per un breve periodo anche degli Ossi, una bizzarra band di folk irlandese di Urbino, dove per circa un anno giocherà il ruolo di percussionista.
Da allora diverse esperienze anche molto importanti (il suo primo cd “Mite” vede la collaborazione di Franco Caforio, fondatore dei Death SS ed in seguito membro dei Litfiba e della band di Piero Pelù).
“Dolcemente gridando sul mondo” è un disco in cui convivono l’anima Rock (“Il potere è adesso”) e quella più sensibile (“Canzone per me”) di Marco Sanchioni, che mettono in luce il talento naturale di questo autore che fa un uso massiccio della chitarra (a volte granitica e talvolta gentile) e che a tratti ricorda il grande Francesco Guccini ma anche Giorgio Canali(ex C.S.I. e P.G.R.).
Insomma in breve un perfetto mix di Pop e Grunge per pura estasi sonora…
Un’immediatezza che trae origine dal Punk anni settanta e dalla canzone d’autore che ha nella semplicità il suo punto di forza.

Marco Vittoria

La pace elettrica - sotterraneipop.blogspot.com

Come oramai ci ha abituato da anni, Marco Sanchioni pubblica un nuovo disco quando meno te lo aspetti. Appare e scompare a distanza di anni rilasciando una manciata di canzoni raccolte nel periodo di decantazione che può variare dai due ai dieci anni senza preoccuparsi più di tanto di finire nel dimenticatoio. Il successo così come la frenesia di essere sul mercato non è la sua priorità e, forse proprio per questo, finisce sempre con l’essere ascoltato con l’attenzione che merita.
Dal primo demo su cassetta, successivo all’esperienza di culto con The A Number Two, a questo nuovo album sono trascorsi ben 27 anni, durante i quali sono arrivati a noi quattro demotape (tre su cassetta ed uno su cd) e quattro album, più svariate partecipazioni a compilations che ne hanno definito lo stile di cantautore punk per via delle accelerazioni grintose che molti suoi brani presentano.
Non fa eccezione “La Pace Elettrica” che ripropone i canoni conosciuti del Sanchioni autore, in dodici brani che appaiono ai ripetuti ascolti, meglio messi a fuoco che in precedenza, pur non discostandosi molto da quelli pubblicati pima d’ora. Le influenze principali di Marchio Sanchioni sono ancora ben più evidenti che in passato, con Guccini che apre le danze con “L’alternativo è conformista” una sorta di Avvelenata aggiornata ai tempi dei Social, e gli Hüsker Dü che dalla successiva “la felicità non può più attendere” emergono prepotentemente in più di un’occasione.
Il suono rock chitarristico che richiama i Pixies lo troviamo in brani come “Pianeta meraviglioso”, mentre gli amati R.E.M. e Beatles sono meno presenti che in passato, sebbene i secondi guidano in realtà tutto l’impianto melodico del disco che come al solito poggia sui testi di pregevole fattura che spaziano tra l’intimismo delle esperienze personali ed una visione più globale nell’osservazione dell’universo che lo circonda.
Tra una ballata folk (“Amore sporco”) e spruzzi di punk (“Meglio il giullare del Re”) la prima parte del disco viene chiuso dal singolo “Chiuso in casa” che aveva anticipato l’album e che rappresenta forse la cosa più “radiofonica” mai prodotta dal Nostro seppure racconti una storia di auto esclusione dal mondo con il protagonista che vive le sue relazioni sociali chiuso in casa in una sorta di gabbia in cui la sua mente lo imprigiona. Sinceramente il brano sembra un po’ avulso dal contesto sonoro del disco, se non si conoscessero le influenze citate in precedenza e che danno un senso alla composizione dell’album.
Tra i brani più riusciti da citare anche “Qualcosa che non ho” e “Giovedì grasso” il brano che cita i R.E.M. raccontando una scanzonata giornata carnevalesca a scuola che suona come una filastrocca e che potrebbe funzionare benissimo come successivo singolo di traino al disco.
La parte finale del disco riporta le atmosfere del disco sul piano cantautorale e che poggia sulla lunga e dolente “Canzone dei miei silenzi” come sempre il brano più personale dell’autore che come nei capitoli precedenti chiude il disco facendo il punto sugli anni trascorsi da una prova all’altra.
In definitiva “La Pace Elettrica” appare essere il lavoro meglio messo a fuoco da Marco Sanchioni in una carriera oramai trentennale vissuta con onestà cercando di dire qualcosa piuttosto che cercare di “arrivare” ad un successo magari effimero e poco adatto al suo essere un cantautore un po’ atipico.

Eliseno Sposato

sotterraneipop.blogspot.com

10 ANNI DOPO - L'isola che non c'era di Giuseppe Bottazzi

Sanchioni, di origini toscane, che ha nelle sue corde differenti stili musicali, riesce a colorare ciascuna delle sue canzoni con grande garbo, con uno stile che potremmo definire artigianale ed in sottrazioni. I suoni, infatti, non sono mai ridondanti ma semplici, essenziali ma efficaci per descrivere il clima di ogni brano proposto.10 anni dopo è un lavoro che rende merito ad una scrittura che si è evoluta nel tempo e l'anno di composizione dei vari brani, come indicato nel libretto allegato al cd fa ben comprendere il percorso artistico intrapreso nel corso in questo decennio.

A voler ben ascoltare, il nuovo album potremmo definirlo “minimalista”, nel senso migliore del termine. Come dicevamo prima i suoni sono morbidi, delicati, low-profile, mentre i testi si srotolano con grande immediatezza ed in ognuna delle situazioni cantate è quasi naturale sentirsi parte della storia. Sanchioni, che di anni ne ha quarantaquattro. Marco Sanchioni rappresenta un’angolatura particolare del cantautore odierno che, rispetto alla leva degli anni '90, e si trova nelle condizioni di dover combattere con un mercato discografico sempre più asfittico e difficile da interpretare ed affrontare.

Certamente fa onore a lui, e ai tanti suoi colleghi, il coraggio nel non volere cedere le armi ma continuare a produrre cercando di tenere alto il livello della qualità artistica. Ora, che non si aspettino altri dieci anni....

Giuseppe Bottazzi